“Per Papisca la democratizzazione delle istituzioni internazionali multilaterali costituiva l’unica via per la costruzione di un ordine internazionale di pace Marco Mascia
Insieme con gli autori, Mattia Ferri e Tommaso Calzavara, la decisione è stata quella di ricostruire una lezione di Papisca nell’aula magna di Palazzo Bo: il tema scelto è quello attualissimo della democrazia internazionale, uno degli argomenti prediletti dal Papisca, sia dal punto di vista della ricerca che da quello dell’impegno civile. “Per lui la democratizzazione delle istituzioni internazionali multilaterali costituiva l’unica via per la costruzione di un ordine internazionale di pace”, continua Mascia.
Una dopo l’altra le vignette ripercorrono alcune delle tappe più significative dello straordinario impegno accademico e civile di Papisca: dall’avvio di programmi universitari di educazione e formazione alla pace e ai diritti umani alla partecipazione alla storica marcia per da Perugia ad Assisi e alle Assemblee dell’Onu dei Popoli; dall’impegno per un cessate il fuoco nella ex Jugoslavia a quello per la costruzione di un’Unione Europea più inclusiva e democratica.
“Il risultato è una pubblicazione elegante e di scorrevole lettura, una piccola opera d’arte che si presta anche per un utilizzo didattico – conclude il docente –. Permette di ‘entrare’ nel complesso mondo della politica internazionale e di affrontare con i giovani nelle scuole il grande tema della pace e della difesa dei diritti umani”.
Il secondo volume (Giovanni Nervo: Carità e giustizia) è invece dedicato al vulcanico padre della Caritas italiana, tra i protagonisti della vita civile del Paese nel dopoguerra. Le tavole riescono a ripercorrere in poche decine di pagine una vita densa come poche: dalla partecipazione alla Resistenza all’impegno per la formazione, il volontariato e la solidarietà. Potenza dei fumetti e del loro linguaggio, ma anche del giovane autore Giacomo Taddeo Traini: “Se fosse stato un altro tipo di uomo di Chiesa, un don Abbondio, non avrei mai accettato di realizzare questo fumetto – spiega nel libro l’autore, diplomato alla Scuola Internazionale di Comics e con diverse pubblicazioni all’attivo –. Ma approfondendo la sua figura ho scoperto che quest’uomo ha lasciato un’impronta profonda nella società civile, un’impronta che riguarda tutti. Che riguarda anche me”.
Il racconto inizia su un treno: quello che nel 1919 porta un bambino appena nato dal Lodigiano, dove la famiglia era sfollata a causa della guerra, a Solagna, città d’origine dei genitori. Don Giovanni amava ricordare quella nascita “da profugo”. Due pagine dopo la storia ci porta nel 1945, con un altro treno che stavolta riporta un giovane don Nervo a Padova dalle montagne, dove ha incontrato i giovani partigiani per portare conforto, ordini e informazioni. È rischioso e lui lo sa, ma intanto ha trasformato il Collegio Vescovile Barbarigo – dove risiede e insegna – in una stamperia clandestina e in un centro della Resistenza a Padova.
“Don Giovanni Nervo ha preferito la ricchezza dei poveri: per lui era la cosa più bella e preziosa Tiziano Vecchiato
Successivamente il filo narrativo ci guida con efficacia e delicatezza nella vita e nelle opere del protagonista: dall’interesse per il mondo del lavoro, con l’apostolato nelle Acli e nell’Onarmo (Opera nazionale di assistenza religiosa e morale degli operai), alla creazione nel 1951 della Scuola superiore di servizio sociale di Padova e nel 1964 della Fondazione “Emanuela Zancan”: il centro studi, ricerca, formazione e sperimentazione sui temi della sanità, del welfare e dell’educazione, della quale è prima presidente e dal 1996 presidente onorario.
Nel 1971, su incarico della Conferenza episcopale italiana, costituisce la Caritas Italiana: di essa Nervo sarà il primo presidente e in seguito vicepresidente fino al 1986, affrontando in prima linea emergenze come il terremoto in Friuli (1976) e quello dell’Irpinia (1980), mentre sul piano internazionale risalta l’impegno per i profughi vietnamiti a fine anni ’70.
Ma l’azione di don Giovanni Nervo ha segnato tantissimi altri campi, come quello del servizio civile, del volontariato e dell’immigrazione. Una figura affascinante e scomoda, a volta per la stessa Chiesa: “Ha rischiato la vita per aiutare i giovani ad amare la libertà durante la guerra – scrive nella prefazione di Tiziano Vecchiato, presidente della Fondazione Zancan –. Ha gestito tanta ricchezza per aiutare i poveri, senza tenere niente per sé. Ha resistito alle tentazioni del potere e del prestigio. Ha dialogato con i potenti senza diventare come loro. Ha proposto agli amici di diventare amici di tutti per costruire un mondo più giusto. È stato umiliato mentre difendeva gli umili. Ha preferito la ricchezza dei poveri: per lui era la cosa più bella e preziosa”.
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