L’emergenza sanitaria del Covid-19 è stata un duro colpo per le organizzazioni ed associazioni che si occupano di salute e benessere perchè ha minato alle fondamenta l’essenza del proprio impegno e delle finalità associative. Alcune si sono trovate da subito in prima linea, come Medici in Strada e Croce Rossa; altre realtà hanno dovuto reinventare in tempi rapidissimi nuove modalità di lavoro.
Tra queste ultime, sicuramente le organizzazioni che operano nel campo della disabilità hanno dovuto reagire in maniera rapida e imprevista. Una delle prime, difficili decisioni è stata quella di chiudere in entrata e in uscita i centri residenziali fin da fine febbraio e poco dopo di sospendere le attività dei centri diurni, a partire dall’8 marzo. Una assenza che ha reso evidente che i servizi garantiti dalle associazioni e in generale dal Terzo Settore per le persone con disabilità e le persone anziane o fragili sono molto più della semplice erogazione di una prestazione.
“Se il benessere di un individuo passa per la relazione, il distanziamento sociale mina profondamente la salute psico-fisica di ciascuno”. Non ne ha dubbi Fabio Toso, direttore della Fondazione OIC – Opera Immacolata Concezione di Padova che lo conferma come considerazione condivisa tra tutti i componenti del tavolo ‘salute, sport e benessere’ di Padova capitale europea del volontariato 2020, gruppo di lavoro che ha proposto alla città un evento il 22 febbraio, all’indomani della prima diagnosi a Vo’, con il coordinamento di oltre 50 organizzazioni, i cui lavori sono da allora sospesi.
“La relazione arricchisce e stimola – prosegue Toso – e questo avviene a tutti i livelli, per gli ospiti, il personale, la famiglia e i volontari. La solitudine oggi porta ad essere indifesi, mentre chi può contare su una rete di relazione è più protetto”. E questo è uno stimolo in più per il tavolo salute sport e benessere per proseguire nella direzione di porre il contesto relazionale al centro del percorso di benessere individuale e collettivo.
Tra le organizzazioni che partecipano al tavolo Fondazione Irpea ha strutture in tutta la provincia per un totale di 6 centri diurni, 3 gruppi appartamento e 3 comunità alloggio rivolte a persone con disabilità fisica e mentale. Una cittadella diffusa che ha potuto reggere il contraccolpo del Covid-19 proprio grazie al mantenimento dei contatti.
Gli educatori dei centri diurni hanno realizzato oltre 60 videotutorial, uno al giorno, per consentire agli ospiti a casa con le famiglie di contare su attività guidate affiancate da una azione di sostegno telefonico o via web mentre in alcune situazioni gli operatori hanno garantito anche servizi domiciliari. Nel caso della residenzialità la chiusura in entrata e in uscita è stata attenuata da contatti frequenti con i familiari tramite le piattaforme online.
Il direttore del settore residenzialità di Irpea, Stefano Stortolani, spiega che “E’ stata un’esperienza dura per tutti e la tenuta è merito della disponibilità e dell’empatia di tutti gli attori coinvolti. In questi mesi abbiamo conosciuto il grande lavoro di medici e infermieri ma in tutta Italia l’impegno di educatori, volontari e operatori del Terzo Settore è stato straordinario”.
Ora la sfida è la ripartenza, con alcune difficoltà ma nuove sfide. “I decreti hanno previsto la riapertura dei Centri Diurni a partire dal 18 maggio. Noi riusciremo ad aprire con gli ospiti gradualmente a partire da fine mese perchè nel frattempo stiamo lavorando ad una profonda riorganizzazione degli spazi e delle attività” prosegue Tortolani. Infatti ciascun ente deve presentare all’Ulss competente un piano organizzativo e di ristrutturazione in linea con le indicazioni governative e regionali che deve essere approvato prima della riapertura. “Si tratta di una vera e propria ristrutturazione e credo nella possibilità che diventi una opportunità di crescita per esplorare nuove modalità di pensare i centri diurni. Il lavoro integrato con la famiglia e la diversificazione delle risposte, già sperimentati in questi tre mesi, insieme alla riorganizzazione in piccoli gruppi di lavoro può portare ad una svolta dei centri diurni così come li abbiamo conosciuti finora”.