Abbiamo sperimentato collaborazioni nuove, mondi lontani che sembrava parlassero linguaggi diversi si sono incontrati e hanno saputo costruire soluzioni “belle” per i bisogni più complessi. Perché la complessità della realtà, alla fine dei conti, pretende risposte complesse e la semplificazione ad ogni costo, che caratterizza la narrazione da troppo tempo, ha dimostrato di non essere in grado.
Questa emergenza è entrata nella nostra realtà come il liquido di contrasto, facendo emergere contraddizioni e mancanze, il frutto di scelte sbagliate o troppe volte rinviate: politiche per il diritto alla casa, con un’attenzione alle persone senza dimora; politiche universali di sostegno al reddito; una riforma del mercato di lavoro perché sia dignitoso e per tutti; azioni serie e strutturali per le pari opportunità e l’inclusione…
Di fronte a questo, nell’emergenza, è servito dare risposte concrete, con coraggio e pragmatismo: dal trovare una casa a chi non ce l’ha in un momento in cui lo slogan è “restiamoacasa”, al raccogliere dubbi, paure e bisogni nell’incertezza della situazione, fino a portare la spesa a chi ha perso il lavoro o un lavoro vero non lo ha mai avuto.
In tempo record, la nostra comunità ha risposto reinventando i servizi esistenti e costruendo servizi nuovi, con la fantasia e la generosità di ciascuno. L’Ente pubblico e le altre istituzioni, mondo cattolico e centri sociali, imprenditori e volontari hanno davvero costruito la Rete. Una rete preziosa, da arricchire, irrobustire e mettere in sicurezza, per la fase 2, che ci lancia nuove sfide oltre l’emergenza nell’emergenza e verso l’emergenza che richiede soluzioni di prospettiva. È solo con il contributo di tutti, nessuno in sostituzione dell’altro ma ciascuno con il proprio punto di vista sulla complessità della realtà, che sarà possibile ripensare i servizi essenziali, i servizi sociali, per offrire risposte elastiche a problemi sempre nuovi, risposte strutturali e sicure per il benessere della comunità. Bisogna ora mettere in sicurezza quanto fatto e porre al centro delle nostre azioni le persone più giovani, quelle che in questo periodo si sono viste private della scuola e della socialità, con tutto quello che significa: conoscere gli altri, persone nuove oltre la propria cerchia familiare, vivere avventure assieme agli altri, scoprire i primi amori, sperimentare lo scontro, il confronto e l’incontro, sporcarsi di terra e di erba, imparare l’esercizio dell’attenzione e del fare scelte con la consapevolezza delle conseguenze che ne derivano. Sono le cose che si vivono e si scoprono nel periodo dell’infanzia e dell’adolescenza.
È da qui che si deve ripartire. Perché questo periodo tragico non sia solo un lungo tempo da dimenticare. Perché anche da qui abbiamo molto da imparare.
Marta Nalin, assessora al Sociale Comune di Padova