Negli anni Novanta c’erano le “leggende metropolitane”: reni rubati all’alba dopo una nottata in discoteca, cagnolini indiani che una volta a casa si rivelavano topi, ragni velenosi nascosti tra le radici dei tronchetti della felicità… Passavano di bocca in bocca e alla fine non creavano troppi danni, ma alimentavano la credulità popolare. Verso la fine degli anni Novanta sono arrivate le bufale: notizie inventate, cialtronerie, sviste rilanciate. Notizie inverosimili e sempre più spesso false.
Dal Duemila, le leggende e le invenzioni si sono trasformate in notizie false – fake news – che con la disinformazione sono diventate un fenomeno a livello globale. Le informazioni manipolate in modo deliberato allo scopo di ingannare le persone, sono purtroppo un elemento con cui tutti dobbiamo fare i conti sui social, strumenti che hanno reso più facile il diffondersi di storie false. Nella categoria fake news si trovano: bufale, notizie non verificate, teorie complottiste, contenuti satirici spacciati per notizie, propaganda politica, informazioni false messe on line per generare click.
Le fake solitamente fanno leva sulle emozioni – paura, tenerezza, indignazione – per attirare l’attenzione e generare click a fini economici o ideologici: tanti “mi piace” e tanti commenti portano più denaro e più consenso.
È facile cascarci e anche le persone con competenze digitali hanno difficoltà a identificare le notizie che sono state manipolate. È significativo che, su dieci notizie condivise sui social media, sei non vengano neanche lette dall’utente prima di essere condivise. L’85% circa degli europei ritiene che le fake news siano un problema nel loro paese e l’83 % crede che costituiscano un problema per la democrazia in generale.
In questo momento così difficile dove la sete di informazioni precise è coniugata alla necessità di stare in casa e quindi alla possibilità di usare più tempo sui social o a guardare la tv, le fake sul coronavirus o Covid-19 sono davvero molte e non sempre smascherabili facilmente.
Il tema della salute è da sempre un terreno molto inquinato dalle fake news: basti pensare a tutti i rimedi miracolosi che vengono proposti, alle terapie “innovative e sicure” proposte da veri ciarlatani, al sentito dire che consiglia farmaci, intrugli e comportamenti per affrontare qualsiasi tipo di malattia dal raffreddore alla metastasi.
Se a questo aggiungiamo la reclusione che stiamo vivendo, vale a dire una situazione in cui la preoccupazione e la fragilità dei comportamenti non trovano momenti di rassicurazione, è facile cadere nella trappola dell’urlato, della drammaticità agitata in tutti i modi possibili. Non sappiamo più quale sia il virologo o il politico da ascoltare per capire cosa stiamo vivendo e – soprattutto – cosa dobbiamo aspettarci.
Il ministero della salute stesso nel suo sito ricorda che
«nei periodi di emergenza come quello attualmente in corso, bufale e disinformazione sono presenti in modo massiccio, soprattutto sul web e sui social network, e riconoscerle non sempre è facile. Per evitare di imbattersi in notizie false e pericolose per la salute si raccomanda quindi di fare sempre riferimento a fonti istituzionali ufficiali e certificate»
e riposta un elenco delle fake news più frequenti che circolano in questo periodo: dai gargarismi con la candeggina alla necessità di lavare i vestiti quando si rientra a casa, dall’assunzione di antibiotici come prevenzione al fatto che il pane fresco veicoli il virus.
Anche l’Unione europea dedica uno spazio nel suo sito a come riconoscere le fake news perché:
«Per In questa emergenza da coronavirus, oltre al rischio sanitario c’è da combattere anche la disinformazione, tanto che l’OMS ha chiesto l’aiuto delle maggiori piattaforme web. Esattamente come per la crisi epidemiologica in atto, la giusta comprensione di come le fake news si diffondono, è il primo passo per contenerle».
Una fake news è ben definita dall’economista Leonardo Becchetti, economista e docente a Tor Vergata:
«La deformazione della realtà nel rimbombo degli echi e dei commenti della comunità globale su fatti reali o spesso inventati».
Oggi aumentano la creazione e la condivisione involontaria o deliberata di informazioni false e non dimostrate, e queste si trasmettono on line molto più velocemente della verità anche se prive di qualsiasi fondamento scientifico e logico.
I suggerimenti dell’Unione europea su come riconoscere le fake news si articolano in 8 passaggi: controllare il contenuto, controllare l’organo di stampa, controllare le fonti, controllare l’autore, controllare le immagini, riflettere prima di condividere, mettere in dubbio i propri preconcetti, iniziare a sfatare i “falsi miti”.
Donatella Gasperi