Neurobiologo vegetale e appassionato divulgatore, è stato incluso dal New Yorker tra coloro che sono destinati a cambiarci la vita.
Stefano Mancuso a Solidaria 2020 con Serena Dandini e Filippo Solibello ha dato vita ad un incontro appassionante.
Di seguito l’intervista che ci ha rilasciato propio in occasione di Solidaria.
Professor Mancuso come mai ha scelto di partecipare a Solidaria?
« Siamo in un momento storico in cui l’ambiente è diventato il problema più importante. Sono convinto che il riscaldamento globale, la riduzione delle risorse e in generale l’aggressione dell’uomo all’ambiente sia il problema principale che l’umanità si sia mai dovuta trovare a risolvere nella sua storia. Se non iniziamo a immaginare e mettere in atto delle soluzioni avremo delle conseguenze drammatiche entro pochissimi anni. Non è solo una questione ecologista, ma è la reale questione sociale. Questi cambiamenti cui stiamo andando incontro colpiranno e daranno i loro effetti più negativi proprio sulle fasce più deboli, meno protette della popolazione. Solidaria offre una bella occasione per incontrare persone e raccontare quanto sta accadendo».
Abbiamo strumenti per poter intervenire in questa situazioni?
«Sì ci sono soluzioni. Quando si parla di riscaldamento globale si tende ad essere molto vaghi e più che soluzioni sembrano buone intenzioni, ma non funziona. Ci servono soluzioni pratiche e una è piantare quanti più alberi possibile: ci servirebbero sull’intero pianeta mille miliardi alberi perché assorbono l’anidre carbonica nell’atmosfera e ci permetterebbero di tornare ai livelli di pre crisi climatica».
Dove li mettiamo? Quanto costa metterli a dimora?
«In realtà il costo è molto inferiore a quello che abbiamo speso in un solo mese di crisi covid-19 a livello mondiale e ci metteremmo al riparo da un problema enorme. Dove? in Italia possiamo piantare 2 miliardi di alberi. Usando soltanto le terre abbandonate dall’agricoltura negli anni Ottanta abbiamo spazio per piantarne 6 miliardi. Ci basta un terzo di queste terre per raggiungere l’obiettivo. Non conta quale specie si pianta, ma conta che siano alberi. Le città devono coprirsi di alberi. Le piante sono più efficienti nel rimuovere l’anidride carbonica quanto più sono vicine alla sorgente, quindi dovremo reimmaginare le città come luoghi verdi, completamente coperti di alberi».
Perché la neurobiologia vegetale
«Perché questo è il futuro. Nel mio ultimo libro (uscito a metà settembre) “La pianta del mondo” immagino come dovrebbe essere una città nuova, “la pianta della città”. Le città sono luoghi separati dalla natura da sempre fin dal neolitico; le rappresentazioni delle città ideali sono prive di vegetazione, la città è immaginata come espressione dell’idea architettonica dell’uomo: questo è il passato, è sbagliato. Le città non devono essere in contrapposizione con la natura ma devono essere degli organismi viventi e non c’è organismo vivente che può sopravvivere senza le piante».
Come mai ha formulato il “decalogo” nel libro “La nazione delle piante”?
«Le piante sono il soggetto del mio lavoro e in tutti questi anni, via via che approfondiamo le nostre conoscenze su questi esseri che ci sembrano così passivi, molto diversi e inferiori a noi, al contrario ciò che mi è apparso con forza sempre maggiore è che le piante sono invece in grado di insegnarci moltissimo e questi vari piccoli insegnamenti ho pensato di strutturarli. È la nostra estrema presunzione che ci fa pensare di essere i padroni del mondo, ma noi siamo assolutamente ininfluenti e irrilevanti in termini di vita. Le piante vivono il pianeta da 500 milioni di anni mentre noi Sapiens siamo qui da 300mila anni».
Stefano Mancuso, è il fondatore della neurobiologia vegetale e tra le massime autorità mondiali impegnate a studiare e divulgare una nuova verità sulle piante, creature intelligenti e sensibili, capaci di scegliere, imparare e ricordare.
Professore presso l’Università di Firenze e ordinario dell’Accademia dei Georgofili, dirige il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV, www.linv.org), con sedi a Firenze, Kitakyushu, Bonn e Parigi.