Un’equipe di ricerca del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova, coordinata dal prof. Massimo Santinello e composta da Marta Gaboardi, Roberta Cosentino e Silvia Demita ha condotto una indagine su come le organizzazioni che lavorano con la grave marginalità a Padova hanno vissuto l’emergenza sanitaria per Covid-19.
Sotto la lente dei ricercatori sono finiti aspetti organizzativi, economici e psico-sociali, inerenti i cambiamenti avvenuti durante la quarantena, le difficoltà incontrate e le richieste per il futuro.
Di seguito pubblichiamo ampi stralci del disegno di ricerca e le principali conclusioni.

La ricerca completa può essere scaricata qui.

La ricerca

L’obiettivo di questa indagine è quello di capire come le organizzazioni del Terzo Settore hanno affrontato l’emergenza sanitaria per Covid-19. In particolare, per quelle associazioni che si confrontano con persone in situazione di grave marginalità.
In una circostanza così estrema come quella della quarantena, come hanno modificato i loro servizi, quali sono stati i principali ostacoli e quali sono i bisogni necessari per affrontare questo periodo di crisi?

La ricerca è stata condotta in collaborazione con l’Università di San Diego e il No-profit Institute (Deitrick, Tinkler, Strawser, e Young, 2020) e per coerenza è stato utilizzato un questionario messo a punto dall’Università di San Diego nel forum di scambio di ricerche sul Terzo Settore “International Society for Third-Sector Research (ISTR)”.

Le organizzazioni sono state contattate durante aprile-maggio 2020 coinvolgendo gli enti del Terzo Settore (pubblici e privati) che lavorano con la grave marginalità a Padova. Il questionario di indagine è stato condiviso con tutti gli enti partecipanti al Tavolo Povertà del Centro Servizi Volontariato di Padova e al Tavolo Inclusione del Comune di Padova. All’indagine hanno partecipato 24 enti, di cui 19 hanno completato tutto il questionario. In particolare, hanno partecipato: 11 associazioni (di cui 2 di volontariato), 3 cooperative, 2 enti religiosi, 2 enti pubblici e 1 fondazione.

Le domande del questionario vertevano su tre aree: i cambiamenti legati alla situazione di emergenza; le difficoltà degli enti e dei professionisti; le esigenze per il futuro.

Principali risultati emersi dall’indagine
I cambiamenti legati alla situazione di emergenza

L’emergenza Covid-19 ha messo a dura prova la nostra società e di conseguenza anche enti e associazioni, che si sono ritrovati a dover fronteggiare una situazione inaspettata, spesso sforniti degli strumenti adeguati. Una situazione di emergenza che ha sottolineato la necessità di ripensarsi con una nuova ottica nel presente ma anche nel futuro.

Il forte impatto della crisi ha fatto emergere quelli che sono i bisogni e le fragilità delle diverse organizzazioni, in alcuni casi legati al momento storico, in altri casi probabilmente già esistenti in precedenza.

Alcuni enti hanno dovuto aumentare i servizi, di fatto aumentando il sovraccarico lavorativo soprattutto per alcune persone che si son fatte carico di diverse responsabilità. In relazione a ciò, il trasferimento di alcuni servizi in versione telematica può aver sovraccaricato il personale più competente con la tecnologia.

L’esigenza di implementare la comunicazione non riguarda solo l’utenza ma anche le relazioni con altri servizi o nel servizio stesso e con la cittadinanza. Essere attrezzati per poter comunicare con altri enti e la cittadinanza su quale siano le esigenze dell’organizzazione, aiuterebbe ad avere sostegno da parte di donatori, finanziatori e volontari. In questo senso, il sostegno tecnologico, l’importanza di rivalutare le strategie di raccolta fondi e il condividere in tempo reale le esigenze con finanziatori e politici sono stati i fattori più segnalati per affrontare il futuro.

Questi fattori sembrano essere i più importanti, insieme con l’arruolamento e gestione dei volontari, in termini di esigenze per il futuro e sono strettamente legati alle risorse, economiche e umane.

Le difficoltà degli enti e dei professionisti

Le più grandi preoccupazioni di chi ha partecipato all’indagine sono proprio legate alle risorse che son venute a mancare: la diminuzione delle donazioni, la perdita di entrate per la cancellazione di eventi, il ritardo nelle sovvenzioni. Il tema delle risorse economiche sembra essere preoccupante anche in altri contesti (Deitrick et al., 2020), sia che si parli di donazioni che di sovvenzioni da parte di enti locali e fondazioni.

Questa precarietà economica, unita alla necessità di cambiamento della modalità dei servizi e all’inevitabile emergenza sanitaria, ha fatto nascere un sentimento di insicurezza nei professionisti. Questa insicurezza è data dalla paura di essere contagiati, soprattutto laddove mancano i dispositivi di sicurezza necessari o nel momento in cui l’utenza fa fatica a mettere in atto comportamenti preventivi.

Non solo, l’insicurezza è anche per il proprio futuro lavorativo: non sapere come potranno essere gestiti i servizi, quali saranno le risorse e quanto durerà la crisi sanitaria, mette a dura prova i professionisti, in balìa di quello che avverrà.

Anche nella ricerca condotta a San Diego (Deitrick et al., 2020), emergono fattori ostacolanti molto simili al nostro contesto, quali la tecnologia e il lavoro in smart working, e i bisogni di salute e sicurezza dei professionisti.

Le esigenze per il futuro: 3 aree da attivare

Questa crisi sanitaria ha dato spazio a riflessioni sul futuro che meritano alcune raccomandazioni per chi gestisce i servizi e per chi li finanzia.

Al di là dell’attuale emergenza sanitaria, per non farsi trovare impreparati ad una nuova ondata o in altre situazioni emergenziali, appare auspicabile attivare le risorse in tre importanti aree: organizzativa, economica e psicosociale.

Dal punto di vista organizzativo, chi gestisce i servizi dovrebbe adoperarsi in una costante e sistematica valutazione dei servizi che vada ad analizzare fattori quali la chiarezza dei ruoli, il sistema di comunicazione interna all’ente e il sovraccarico lavorativo.

I leader delle organizzazioni, adottando strumenti di analisi organizzativa, possono identificare punti di forza e debolezza prevenendo situazioni di sovraccarico o di poca chiarezza dei ruoli e di conseguenza adoperarsi per interventi che aiutino ad affrontare eventuali problematiche e limitando così rischi di burnout dei professionisti. In questo senso, prevedere delle strategie di arruolamento e gestione dei volontari che siano efficaci dal punto di vista organizzativo e che definiscano chiaramente il ruolo dei volontari, potrebbe aiutare a equilibrare il carico lavorativo.

Inoltre, è possibile immaginare modalità di formazione continua e di supervisione del personale, con attenzione alla distribuzione delle responsabilità e del carico di lavoro in situazione di emergenze improvvise.

Sempre dal punto di vista organizzativo, sarebbe utile prevedere delle figure che si occupino della comunicazione e della relazione con altri servizi e istituzioni. È importante, infatti, creare una buona rete di collaborazione tra servizi, utile non solo nell’emergenza ma anche nel lavoro ordinario, così da poter coordinare meglio le forze sul territorio.

Figure professionali come i facilitatori di rete, social media manager o esperti di foundrasing potrebbero dedicarsi esclusivamente alla comunicazione e ai rapporti con l’esterno, esonerando da queste responsabilità gli educatori e operatori, già impegnati nella relazione con l’utenza.

Le nuove tecnologie sono state risorse indispensabili in questo periodo caratterizzato dal distanziamento sociale, hanno infatti permesso la continuità del lavoro dei servizi e una comunicazione su larga scala. L’esigenza di supporto tecnologico è stato il fattore più selezionato nella scelta di ciò che aiuterebbe gli enti per il futuro (13 enti su 19, il 68%).

Dal punto di vista economico, fondazioni e enti finanziatori dovrebbero valutare la possibilità di avere fondi straordinari per la gestione delle emergenze, in modo tale che le organizzazioni possano sostenere i servizi attivi ed evitare così di lasciare indietro l’utenza, con il rischio di creare nuove marginalità.

Infine, dal punto di vista psico-sociale, le organizzazioni si son trovate ad affrontare una maggiore richiesta di sostegno psicologico da parte dell’utenza ma anche stati di insicurezza e timore dei professionisti. Per tale aspetto, si rende necessario pensare a figure professionali, quali psicologi e psicologhe, che possano aiutare i professionisti ad affrontare situazioni di emergenza e vissuti emotivi di ansia, prevenendo rischi di burnout e quindi assenteismo e turnover, tipici sintomi comportamentali dello stress lavorativo.