In occasione delle giornate di chiusura di Padova capitale europea del volontariato 2020 Animazione Sociale, la rivista del Gruppo Abele, ha proposto 3 giornate di confronto di buone prassi e riflessioni a conclusione dei lavori iniziati con l’inaugurazione di Padova capitale il 7 febbraio 2020.
“Nella pandemia abbiamo colto l’intreccio delle nostre vite. Mai come stavolta ci siamo sentiti ‘comunità di destino’. Più di tutto abbiamo capito che da soli non possiamo reggere l’urto di dinamiche globali che si scaricano sul locale. Dobbiamo attrezzarci come comunità”.
Con queste parole Francesco D’Angella di Animazione Sociale ha introdotto i lavori che si sono svolti online dal 27 al 30 aprile con un confronto tra buone pratiche a livello nazionale perchè, come afferma D’Angella
“il fermento è già forte nei territori, c’è un riemergere di prossimità e attenzioni al bene comune. Prioritario diventa allora capire come sostenere queste aspirazioni al cambiamento”.
Ciascuna sessione di lavoro è stata aperta con una domanda.
La prima sessione di martedì 27 aprile è stata accompagnata dal quesito: quando un’azione nel sociale genera cultura nel territorio?
E quindi come le azioni sociali che si fanno in un territorio possono influenzare la cultura di quel territorio? Ossia possono influenzare il “pensiero” di quel territorio sui problemi della convivenza, possono coltivare un diverso immaginario tra gli abitanti, possono creare una certa aria, un certo clima culturale in quel quartiere?
Cultura infatti cos’è?
Questo il testo di introduzione al primo pomeriggio di lavoro:
La cultura è un modo di percepire, rappresentare, comprendere, interpretare, etichettare la realtà. È il filtro attraverso cui ci rapportiamo agli altri (sentendoli come alleati o minaccia), attribuiamo valore o disvalore alle cose che accadono, stabiliamo che cosa è importante fare nella nostra vita per stare meglio (isolarci o ricercare la socialità)…
Oggi i territori sono abitati da culture diverse. Ci sono le culture dei recinti, della difesa di sé, della paura dell’altro, del rancore… Ci sono le culture della solidarietà, della fiducia, dell’apertura agli altri, dei beni comuni…
Queste culture coabitano nei territori, talvolta nelle stesse persone che sono abitate un po’ da apertura un po’ da chiusura, un po’ da prossimità un po’ da diffidenza, un po’ da cura per gli altri e per i beni comuni un po’ dalla voglia di estraniarsi e dall’indifferenza per la sorte degli altri .Ciò che si vuole esplorare in questa sessione è come attraverso le azioni che mettiamo in atto nei territori possiamo generare una certa cultura nella comunità, o meglio una cultura di comunità. Come le nostre azioni che come operatori sociali/volontari/cittadini attenti e attivi mettiamo in campo possono produrre degli spostamenti nelle persone verso una maggiore fiducia e cura, possono persuadere sull’importanza di promuovere la socialità, investire nella cura dei beni comuni, tutelare i diritti al benessere di tutti.
Come avviene dunque questo passaggio? Come lo si attiva? Come lo si favorisce?
È una domanda centrale per chi lavora nel sociale perché lavorare nel sociale non è mai solo un fare per fare, ma è sempre un fare che nasce da una visione culturale e che mira a rigenerare quella stessa visione culturale. Associazioni, cooperative, servizi sociali, educativi, sanitari, cittadini attivi, sanno che il welfare è figlio di una visione culturale della società, che i legami sociali, la prossimità, la fiducia sono fattori costitutivi di una società democratica. Le azioni che si fanno nel sociale tendono dunque a produrre cultura, non solo prestazioni; a rigenerare un certo modo di pensare la società, i rapporti sociali, i valori della convivenza.
Ci incarichiamo di rispondere a questa domanda non teoricamente, ma analizzando alcune esperienze.
Sono esperienze che abbiamo selezionato sulla base di un criterio: hanno dimostrato o stanno dimostrando di produrre cultura dentro i loro territori.Queste esperienze sono le Officine Gomitoli di Napoli, il Cinema Postmodernissimo di Perugia, Super Il Festival delle Periferie di Milano.
Nella seconda sessione la domanda guida è stata quali sono le risorse trasformanti per le nostre comunità?
E questi alcuni delle riflessioni che hanno accompagnato la discussione:
Per intercettare risorse trasformanti, è necessario innanzitutto saperle scorgere.
Le risorse si sviluppano in contesti destrutturati, con margini scomposti e confini permeabili.
Le risorse diventano trasformanti se fanno leva su domande in grado di smuovere la comunità.
Un territorio prende anima quando dalle risorse scaturisce una ricerca di senso in cui ritrovarsi.
Nei territori animati da risorse trasformanti si ridisegnano costantemente mappe e sentieri.
Le buone pratiche che si sono presentate nel corso della seconda giornata sono state: Cooperative di comunità in Toscana, ExFadda, XFarm e cooperativa Nui, San Vito dei Normanni e ASAI – ASsociazione di Animazione Interculturale, Torino.
La terza sessione si è focalizzata attorno alla domanda: come costruire nei territori mutualità includenti?
Gli stimoli che hanno animato il confronto sono partiti da quando nasce la mutualità.
La mutualità nasce quando il sapere degli operatori è a servizio delle persone che entrano nello spazio di lavoro, non è espressione di potere, ma è usato per favorire i processi di apprendimento. La mutualità attiva processi di animazione dei territori quando le letture dei problemi e dei bisogni, e anche le loro soluzioni, sono collettive. La questione riguarda il come passare da uno spazio di azione e discussione che già esiste in uno spazio privato a uno spazio collettivo.
Il tipo di incontro che genera mutualità è determinato dalle forme delle identità che si incontrano, identità non rigide e difensive, ma dialoganti, con la capacità di modificarsi continuamente in relazione con le proprie parti e con le sfide del contesto sociale. Accanto a questo, c’è l’aspetto dell’informalità.
I processi di mutualità sembrano nascere soprattutto anche un po’ dal caso, dal non definito, dalla serendipità, “congiunture astrali”, opportunità colte e ascolto di chiacchiere davanti a un tè.
Le tre esperienze portate nel corso del pomeriggio sono state la scuola delle donne e le stanze educative (Bologna), l’Officina informatica (Padova) e i Bagni Pubblici di via Agliè (Torino).
Per rivedere la registrazione degli incontri scopri la playlist dedicata: