Soddisfatti della copertura assicurata dai media locali su volontariato e terzo settore, ma meno contenti della qualità del racconto. È un non profit che investe poco – a livello economico – nella comunicazione e nella sponsorizzazione dei propri contenuti, che punta molto sui propri volontari e che ha potenzialità ancora da sfruttare.

Sono questi alcuni dei risultati emersi dalla ricerca “Come comunica il terzo settore e il volontariato (ai tempi del Covid-19)” realizzata da Redattore Sociale per il Centro di servizio per il volontariato di Padova e Rovigo in occasione dell’anno di Padova Capitale europea del volontariato, con il sostegno dell’Organismo Territoriale di Controllo del Veneto.

Al questionario, sottoposto alle organizzazioni di volontariato e di terzo settore della provincia di Padova tra ottobre e novembre 2020, hanno risposto 74 organizzazioni su un campione di circa 650 realtà operative sul territorio selezionate dal Csv di Padova e Rovigo. I dati raccolti sono stati oggetto di riflessione all’interno del lavoro di un focus group composto da Massimo Santinello, professore ordinario di Psicologia Sociale e di Comunità presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova; Gaia Peruzzi, professoressa associata in Sociologia dei processi culturali e della comunicazione presso il Dipartimento Comunicazione e Ricerca sociale, Sapienza Università di Roma; Paola Springhetti, giornalista e docente di giornalismo alla Facoltà di Scienze della comunicazione presso l’Università Pontificia Salesiana; Niccolò Gennaro, direttore del Centro di servizio per il volontariato di Padova e Rovigo.

Il CSV Padova e Rovigo, nell’anno della capitale europea del volontariato ha voluto approfondire il tema della comunicazione perché da sempre, e sempre più, rappresenta una sfida per il mondo del volontariato e del Terzo Settore e come tale si è voluto analizzare la situazione per individuare strategie di supporto e miglioramento. “La sfida della comunicazione non può però essere rifiutata e sempre più organizzazioni si attrezzano per affrontarla con maturità e cognizione di causa – spiega Niccolò Gennaro, direttore del CSV -. Alcune, come emerge anche dalla ricerca, si interrogano profondamente sul valore etico del proprio contributo al flusso comunicativo generale, consapevoli che le parole, i messaggi e le modalità che vengono adottate sono capaci di influenzare l’opinione pubblica e quindi il “discorso pubblico”, con ricadute più o meno positive anche sui comportamenti delle persone e sulle dinamiche sociali”. Il compito del Centro Servizio Volontariato, alla luce delle difficoltà riscontrate dalle associazioni ma anche della potenzialità della comunicazione nell’aiutarle a generare quel cambiamento sociale per cui sono impegnate non può che essere quello di mettere a disposizione del volontariato percorsi formativi e servizi di supporto per alimentare questa consapevolezza e per supportare quanto più possibile le organizzazioni nei loro percorsi di crescita anche nell’ambito della comunicazione. Un impegno che il CSV di Padova e Rovigo perseguirà anche in collaborazione con gli altri CSV del Veneto, grazie ad un dialogo aperto con questa ricerca che ha permesso un primo confronto con buone prassi delle altre province ed una indagine analoga curata nella provincia di Verona.

SINTESI DEI PRINCIPALI DATI

Il profilo dei partecipanti alla ricerca. Tra le 74 organizzazioni padovane che hanno partecipato alla ricerca, il gruppo più numeroso è costituito dalle organizzazioni di volontariato (47,3%), seguito dalle associazioni di promozione sociale (23%), le Onlus (12,2%), poi gli enti del terzo settore non iscritti ad alcun registro (9,5%), mentre l’8,1% è rappresentato da imprese sociali, fondazioni o enti filantropici. Per quanto riguarda l’ambito di intervento delle organizzazioni interpellate, il 36,5% opera nel settore socio-sanitario; il 17,6% nel settore sociale; il 16,2% in cooperazione sociale, pace e diritti umani; il 16,2% opera nel settore culturale ed infine il 2% nel settore ambientale. Per quanto riguarda le dimensioni delle organizzazioni, il 40,5% di quelle che hanno risposto al questionario dichiara di avere tra gli 11 e i 50 associati. Al secondo posto le organizzazioni più grandi, cioè con oltre 100 associati: sono il 25,7%. Le organizzazioni con più di 50 associati e meno di cento sono invece il 16,2%. Il 9,5%, invece, dichiara di avere oltre mille associati. Infine l’8,1% ha meno di dieci associati.

Come viene raccontato il volontariato? Il giudizio espresso dai partecipanti sul mondo dei media è duplice. Se da una parte viene considerata ottima (4,1%), buona (47,3%) o sufficiente (25,7%) la copertura mediatica assicurata al non profit, il 33,8% si dichiara insoddisfatto in merito alla qualità del racconto. Tuttavia, il 32,4% degli intervistati è contento della qualità del racconto e un 31,1% lo ritiene sufficiente. Alla domanda “Quale mezzo racconta meglio il terzo settore e il volontariato sul proprio territorio”, il 63,5% ritiene che siano i social il mezzo che meglio rappresenta il mondo del sociale. Al secondo posto, però, ci sono i quotidiani locali (47,3%) e le emittenti televisive locali (23%). Colpisce la scarsa attenzione a livello di media nazionali rispetto a quanto succede sul territorio padovano nell’anno di Padova Capitale europea del volontariato, la prima città italiana a ricevere questo riconoscimento.

Come comunica il volontariato? È l’alto utilizzo di risorse interne, per lo più volontari, per l’affidamento del compito della comunicazione (56,8%) e il limitarsi ad una o due figure per l’incarico il tratto comune delle organizzazioni che hanno risposto al questionario. Solo nel 16,2% dei casi l’incarico è coperto da personale retribuito. Inoltre, il 31,1% delle organizzazioni coinvolte riferisce di non investire economicamente in comunicazione, mentre il 32,4% riferisce che investe annualmente fino a mille euro.

Che impatto ha avuto il Covid-19 sulla comunicazione? Oltre la metà delle realtà intervistate conferma di aver cambiato modo di comunicare proprio per via dell’emergenza. Nonostante le numerose campagne di raccolta fondi attivate durante il primo lockdown, inoltre, tra le 74 organizzazioni coinvolte, la comunicazione relativa a raccolte fondi e donazioni ha visto una diminuzione nel 27% dei casi, mentre un ulteriore 37,8% delle organizzazioni sostiene di non fare comunicazione per raccolte fondi e donazioni. Solo per il 12,2% delle organizzazioni, tale comunicazione ha visto un incremento durante il lockdown. Tuttavia, l’emergenza sanitaria e il lockdown hanno lasciato un segno nelle organizzazioni, spingendole a utilizzare nuovi strumenti di comunicazione – soprattutto interna – e nuove modalità di coinvolgimento dell’opinione pubblica.

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