Vita dedica il numero di luglio/agosto della propria rivista alla candidatura del Volontariato a Patrimonio Mondiale immateriale UNESCO, con interventi di Luca Gori, Emanuele Alecci, Francesco Rocca, Francesco Soddu e Federico Creatini, il perchè dell’appello all’Unesco, le prime 170 firme a sostegno della candidatura (da Alberto Abruzzese a Gloria Zavatta) e l’impegno di Gabriella Civico (direttrice Cev) a portare “la campagna in Europa e non solo”.
Conclude il numero un capitolo sulle dieci sfide per il volontariato. Qui la presentazione del direttore Riccardo Bonacina.
Pubblichiamo l’articolo ‘I padri del volontariato. La lezione di don Nervo e Tavazza‘ a firma di Emanuele Alecci, Presidente di Padova Capitale Europea del Volontariato 2020.
Avevo vent’anni e accadde l’imprevedibile. Una forte scossa di terremoto lunga 90 secondi colpisce l’Irpinia, 3mila morti, 9mila feriti, 280mila sfollati. Una protezione civile inesistente.
Confusione totale. Parto tre giorni dopo il terremoto, mi sento quasi un supereroe, inizia il mio servizio civile alternativo al servizio militare con la Caritas italiana.Arrivo a Teora, devastata. Siamo nell’epicentro del sisma. Era il 23 novembre del 1980. Tante bare in fila nella piazza del paese. E poi mi rimane questo odore di disinfettante e di calce che buttavamo dappertutto… Un odore che se chiudo gli occhi sento ancora e mi brucia il naso.
Nessuno ha in mano il coordinamento degli aiuti solo un piccolo prete che diventa quasi un sindaco, forse tutti lo chiamano già sindaco, lui l’unico riferimento per quella terra martoriata. Una parola un conforto, una preghiera.
Ma l’ho visto anche battere i pugni con i rappresentanti delle istituzioni, l’ho visto mettere da parte la sua tonaca e il suo essere prete. Forse nel miglior modo di essere prete. L’incontro con quella anonima figura, punto di riferimento per tutti mi ha fatto capire il senso e il valore di quello che poi diventerà un impegno per un’intera vita: il volontariato. E proprio l’incontro con tanti maestri ha fatto crescere in me la consapevolezza del valore inimmaginabile che un volontariato maturo e moderno esprime attraverso le sue azioni, il suo senso di giustizia di carità e di fraternità.In particolare due persone hanno caratterizzato la mia idea di volontariato: don Giovanni Nervo e Luciano Tavazza. Due figure che avevano capito da subito che il volontariato non poteva essere solo assistenza e servizio.
Nervo e Tavazza fondano il nuovo volontariato politico italiano e rappresentano ancora oggi il riferimento teorico e organizzativo del volontariato moderno italiano.
Loro avevano la consapevolezza dell’importanza del volontariato nella quotidianità e non soltanto in occasione delle tante tragedie nazionali che negli anni si sono ripresentate. Gli insegnamenti e la testimonianza di Nervo e Tavazza sono stati i riferimenti per quello che in questi ultimi due anni abbiamo avuto modo di vivere e realizzare nel corso del progetto di Padova Capitale Europea del Volontariato. Due anni preparati con cura, inaugurati con entusiasmo ma che poi a causa della pandemia abbiamo dovuto riprogettare e ripensare.In questo drammatico anno in tante città italiane ed europee è cresciuto un movimento inizialmente spontaneo ma poi sempre di più organizzato di donne e uomini che liberamente si sono messe a disposizione della comunità. Persone che hanno trovato nel volontariato un’innovativa adultità contagiosa.
Un’adultità che li ha portati a prendersi cura del futuro degli altri. Il mondo cercava un vaccino e nell’attesa ha trovato un altro vaccino fatto di silenzi, sorrisi, aiuti, attenzioni.Abbiamo insomma capito che il mondo non può più correre senza freni e che lo sviluppo ha bisogno di una nuova economia. E allora da un male comune può nascere un bene comune. E questo nuovo volontariato è il bene comune del futuro. Perché chi vive e pratica la gratuità e il disinteresse è in grado di contaminare e promuovere nuove relazioni di comunità. Per questi motivi il volontariato è un bene unico e prezioso che riesce a rivitalizzare tutto il nostro vivere. Perciò oggi decidiamo con forza di candidare all’Unesco il Volontariato a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Perché il futuro non potrà essere la riproposizione riveduta e corretta di cose vecchie ma l’ideazione di un mondo nuovo. Un mondo che veda nel volontariato la leva robusta di uno sviluppo equo e sostenibile.
Sono certo che gli insegnamenti di Luciano Tavazza, Maria Eletta Martini, Achille Ardigò, don Giovanni Nervo, don Giuseppe Pasini, Tom Benetollo, Laura Conti, don Tonino Bello, Antonio Papisca e tanti altri ci ispireranno in questo nostro ambizioso progetto.
Il numero di Vita è in edicola, alcuni degli articoli sono pubblicati su www.vita.it